Benedetta De Luca: «Ho abolito i filtri di Instagram e raccontato la mia disabilità. Che follia il dj set con Sinclair» | Corriere.it

2023-03-08 16:17:19 By : Ms. Anna lou

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Avvocato, influencer, creatrice di moda e adesso anche scrittrice. Ai suoi 120 mila follower la 34enne salernitana ha raccontato la sindrome della Sirenetta

Diversità e inclusione. Sono le parole chiave da cui partire per comprendere storia, carattere, importanza e fascino di Benedetta De Luca. Trentaquatrenne, salernitana, abilitata alla professione di avvocato, attivissima sui social con oltre 120 mila follower su Instagram, gender&inclusion editor per il social magazine The Wom, fresca di esordio in libreria con Una vita da sirenetta , l’autobiografia appena pubblicata per Sperling & Kupfer, Benedetta convive fin da piccola con l’agenesia del sacro, malattia rara che purtroppo la costringe alla sedia a rotelle e che nelle forme più gravi viene definita Sirenomelia o “Sindrome della sirena”, in riferimento agli arti inferiori che assumono le sembianze della coda di una sirena . Una metafora clinica che la giovane influencer ribalta caricando il suo significato di bellezza, speranza e soprattutto autostima, in particolare attraverso storie costruttive su Instagram, in cui tratta la propria disabilità smontando gli stereotipi che coinvolgono diverse sfere della vita: dalla mobilità al sesso fino all’abbigliamento.Benedetta De Luca è infatti anche una modella e la fondatrice di un marchio di moda inclusiva, «Italian Inclusive Fashion», il cui obiettivo è spingere il settore della moda ad adeguarsi alle disabilità. Domani alle 19 Benedetta sarà ospite del programma «Il tempo delle donne» organizzato dal Corriere della Sera e trasmesso in streaming su Corriere.it, nell’ambito dell’incontro «Il femminismo? Un’opera d’arte».

Le sue storie dimostrano che Instagram ha potenzialità pedagogiche. Quando e come ha deciso di raccontare la sua disabilità sui social?

«Per me i social sono stati e restano un trampolino fondamentale, un canale unico in cui potersi raccontare e comunicare tanto. Eppure, all’inizio ho avuto un approccio errato. Soprattutto con Instagram. Mi mostravo solo a mezzo busto , nascondendo le stampelle, la sedia a rotelle, insomma la realtà. Poi ho capito di dover cambiare registro e di liberarmi da questa finzione, dal peso dell’immagine restituita dallo specchio una volta spento lo smartphone. Così ho deciso di mostrarmi senza filtri, senza la mia disabilità, in tutto quello che sono. E’ stata una gioia enorme e anche una vera salvezza. Da lì è poi nato tutto il resto, compresa la voglia di confrontarmi e valorizzarmi».

«Certo, anche perché da piccola sono stata vittima di bullismo. All’epoca non c’erano ancora i social. E penso sempre che se ci fossero stati e avessi conosciuto un’altra Benedetta, forse avrei preso coscienza di me molto tempo prima. Proprio per questo motivo voglio aiutare, con la mia testimonianza, chi è ancora incastrato nel vortice della mancanza di autostima, chi fatica a reagire perché si sente magari troppo solo o chi si sente sbagliato, diverso, fuori dal mondo per colpa della propria disabilità. Il mio intento è anche aiutare a migliorare la concezione che mediamente si ha della diversità nelle sue accezioni più ampie. Sono tantissime le ragazze che ogni giorno mi contattano in privato su Instagram per raccontarmi le loro storie di disabilità e confrontarsi su temi di vario tipo. Ci sono anche tantissimi uomini che lo fanno, non solo donne. Spesso si dimentica che anche gli uomini sono vittima di body-shaming, al contrario di quello che si tende a credere. Sui social poi ho anche conosciuto il mio fidanzato, che mi ha conquistato all’antica, ossia inviandomi rose rosse, che sono sempre meglio delle rose virtuali che si inviano su Whatsapp». In Una vita da Sirenetta lei si racconta, tra momenti, gioie e dolori. Ogni capitolo è caratterizzato da un’allegoria. A cominciare dalla figura della Sirenetta, protagonista dell’omonima fiaba dello scrittore danese Hans Christian Andersen, in cui lei si rispecchia per tanti motivi.

«La sirenetta è stata una figura che ha sempre accompagnato la mia vita. Un capitolo del libro, ad esempio, è intitolato “Una coda di troppo” perché la sirenetta farebbe di tutto pur di rinunciare alla sua coda, mentre io non mi faccio illusioni e cerco di andare oltre, di non farmi condizionare dalle limitazioni. Ho usato elementi allegorici per evidenziare determinati stati d’animo altrimenti difficili da spiegare a parole, anche attraverso degli ossimori simpatici come nel capitolo “Le sirene non piangono”, tutto per rendere più simpatico un disagio e rendere più accessibile il mondo della disabilità, i suoi problemi. L’autoironia è parte integrante dell’autostima e la uso tantissimo per smontare stereotipi legati alla diversità ».

Non solo passerelle e social. Stando alle storie su Instagram, anche la musica è una sua passione.

«Adoro ballare e mi fa impazzire la musica house. Sono stata al Miami Conference, tantissime volte a Ibiza, sono anche salita in consolle con Bob Sinclair al mitico Pacha, ho conosciuto tanti dj nella mia vita . Addirittura ho ballato anche durante un viaggio a Lourdes, grazie ad un gruppo di militari che mi invitò in discoteca. Ovviamente poi tornai in camera per riposarmi e pregare con serenità il giorno dopo. Adesso però comincio a sentirmi vecchietta per queste cose (sorride, ndr). La musica è certamente un porto sicuro in cui rifugiarsi, anche quando si è un po’ tristi. C’è inoltre una canzone di Ligabue, Viva, a cui sono particolarmente legata. La sento molto mia, nello specifico nei versi “quanta vita hai contagiato, non la chiedi indietro mai”. Sono parole che mi appartengono. E in cui mi rispecchio totalmente». Lei ha fondato anche un brand di moda rivolto alla diversità. Com’è nato questo progetto?

«Durante le sfilate ho notato tante volte delle difficoltà legate appunto agli abiti di modelle e modelli disabili. Ad esempio gonne troppo alte che si incastrano inevitabilmente nelle carrozzine o paillettes che possono dare davvero molto fastidio alla schiena. Ho creato così degli abiti ad hoc, come un vestito che ha paillettes solo davanti mentre sulla schiena il tessuto è leggero e traspirante, in modo da non infastidire chi resta seduta per molto tempo sulla carrozzina. Credo che la moda debba adeguarsi alla disabilità e non il contrario ».

Tornando alla sirenetta, nella sua autobiografia lei interpreta il messaggio della fiaba fondamentale affinché le persone possano amarsi. Il suo attivismo trasversale è quindi anche una missione d’amore?

«Io credo che amarsi sia una condizione necessaria per amare poi anche gli altri. E’ un vortice. Ed è tutto concatenato, conseguenziale. Con le mie iniziative spero di aiutare anche solo un po’ gli altri ad amarsi. Sarebbe già tantissimo per me».

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