Daniel, 12 anni, salvato dallo zebrafish. La cura per la sua rara malattia genetica è stata trovata con test sui pesci | HealthDesk

2023-03-08 16:17:54 By : Ms. Olivia Hua

Ha un genoma simile a quello umano, interamente sequenziato e disponibile open source. Ha la capacità di rigenerare tutti i tessuti allo stadio larvale. Si riproduce velocemente e i suoi embrioni trasparenti permettono di osservare quel che accade al loro interno. Per queste caratteristiche il pesce zebra, zebrafish o danio zebrato, è diventato il modello animale più utilizzato negli studi di genetica, di biologia molecolare e nella medicina rigenerativa. A questi piccoli pesci di acqua dolce deve la vita un ragazzo americano di 12 anni di nome Daniel.  

Il suo caso è finito sulle pagine di Nature Medicine. La complessa e rara malattia genetica di cui era affetto lo stava uccidendo: gambe e addome continuavano a gonfiarsi come spugne, i polmoni pieni di fluido avevano smesso di funzionare, una macchina per la ventilazione lo teneva in vita. L’emergenza è stata superata grazie ai piccoli pesci di acqua dolce dal manto zebrato. Gli scienziati del Center for Applied Genomics at Children’s Hospital of Philadelphia (Chop) hanno condotto una serie di esperimenti ad hoc sui pesci. Per prima cosa hanno individuato la mutazione genetica all’origine della malattia del ragazzo caratterizzata dalla proliferazione senza controllo dei vasi linfatici che, ramificandosi come una pianta rampicante all’interno dell’organismo, riversano liquido negli organi che attraversano, dai polmoni, al cuore, ai muscoli. Dopo avere indotto il difetto genetico nei pesci, i ricercatori hanno aspettato che negli animali si sviluppasse l’equivalente della malattia che aveva colpito il giovane paziente. 

A patologia conclamata, gli scienziati hanno testato sugli zebrafish una serie di farmaci fino a individuarne uno in grado di bloccare la crescita incontrollata dei vasi linfatici. I funzionari dell’Fda, consapevoli di trovarsi di fronte a un’ultima chance,  hanno concesso il permesso di provare la terapia nel ragazzo. Ha funzionato. «Penso che questo approccio possa essere sicuramente usato clinicamente. Suggerisce che dovremmo fare questo tipo di test genetici per identificare dove si trova il problema nel processo biologico e cercare di trovare un farmaco che lo bersagli», ha detto V. Reid Sutton,  genetista del Texas Children's Hospital che tratta ogni anno circa 50 bambini con anomalie linfatiche.

La storia di Daniel, insomma, potrebbe ripetersi. Con un passato da giocatore di calcio e invidiabili performance nella corsa (5Km in 25 minuti), David fino ai 10 anni non aveva mai dovuto rinunciare alla sua passione per lo sport. All’improvviso però il suo corpo comincia a trasfromarsi: le gambe gonfie, la difficoltà a respirare, la stanchezza che rende impossibile allenarsi. A 12 anni arriva la diagnosi: i vasi linfatici sono impazziti, crescono senza controllo e perdono fluido ovunque passano, intorno al cuore o nei polmoni. Le si provano tutte: drenaggi, cauterizzazione dei vasi linfatici, farmaci immuno-soppressori. Ma le condizioni di Daniel non migliorano e il ragazzo finisce su una sedia a rotelle. 

Dalle indagini genetiche sul ragazzo è emerso un difetto in un gene del cromosoma X chiamato ARAF. Ma gli scienziati non erano in grado di stabilire se proprio quella anomalia fosse all’origine della malattia. 

Per scoprirlo hanno indotto la stessa mutazione nell’embrione dei pesci.  

Nel giro di cinque giorni gli animali hanno sviluppato un sistema linfatico che cresceva a dismisura proprio come quello di Daniel. La mutazione di ARAF era quindi la diretta responsabile del danno. Bisognava ora trovare la soluzione. I ricercatori hanno versato nell’acqua in cui nuotavano i pesci mutati 10 differenti farmaci che avevano tutti come bersaglio la mutazione ARAF. Tra questi uno solo si è dimostrato risolutivo: trametinib, un farmaco per il melanoma prodotto da Novartis con il nome di Mekinist. 

Con il beneplacito della Food and Drugs Administration,  i medici che avevano in cura Daniel hanno potuto utilizzare la terapia sul ragazzo. 

Dopo due mesi, il suo respiro era migliorato. Dopo tre mesi il fluido nei polmoni si era ridotto a tal punto che non c’era più bisogno della ventilazione artificiale. Le gambe si erano sgonfiate. Le immagini della risonanza magnetica hanno dimostrato che il sistema linfatico era tornato alla normalità. Ora Daniel ha 14 anni, gioca a basket, va in bici, e fa da assistente all’allenatore di calcio. 

L’invito alla prudenza è scontato: una sola rondine non fa primavera, un caso singolo non permette di annunciare la scoperta di una cura. 

Ma la storia di Daniel incoraggia a proseguire le ricerche in questo ambito avviando trial clinici con un congruo numero di partecipanti. 

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